Proiezioni

Settembre

  • ore 21:30
  • ore 21:30
  • ore 17:30 e 21:30

Trama

Il romanzo "Poirot e la strage degli innocenti", ambientato in Inghilterra alla fine degli anni Sessanta, è la base per una vicenda che si svolge nella Venezia del 1947 e che mette Poirot di fronte a un nemico inaspettato: il dubbio.
Per i primi due film da lui diretti e interpretati nei panni del detective belgioso Hercule Poirot, Kenneth Branagh si era basato su due dei romanzi più noti del ciclo firmato da Agatha Christie, "Assassinio sull’Orient Express" e "Assassinio sul Nilo". Ora invece il romanzo di partenza è meno noto, e assai più tradito.
Al cinema “Poirot e la strage degli innocenti”, pubblicato nel 1969 e ambientato nella piccola cittadina inglese di Woodleigh Common, diventa Assassinio a Venezia (trovate ahimè il romanzo della Christie in libreria ripubblicato anche lui con questo titolo), dove il setting è appunto quello della Serenissima, e l’anno è il 1947. Rimangono come punti in comune alcuni personaggi, certe linee di trama, e il fatto che la storia si svolga la notte di Ognissanti.
Fin dal trailer, infatti, Assassinio a Venezia - in una Venezia davvero molto americana, dove si suppongono plausibili della palesi implausibilità geo-climatiche, e perfino architettoniche - ci è stato presentato quasi come un horror. Di sicuro come il film nel quale Poirot, emblema massimo dell’intelligenza logico-matematica, maestro e promotore di ordine e di metodo, si trova costretto dalle circostanze a fare i conti con il suo opposto: con l’irrazionalità dello spiritismo, dei fantasmi, financo della fede. E se è vero che l’investigatore ci mette poco a smantellare il teatrino ordito da una ciarlatana di livello superiore a quello dei suoi colleghi, e a carpire i segreti di una presunta seduta spiritica, più complicato per lui sarà trovare il bandolo della matassa di fronte a alcune morti poco spiegabili, e legate a un’altra morte - dolorosa e misteriosa anch’essa - che è nel passato dei personaggi che lo circondano.
Continua, in un certo senso, il percorso di umanizzazione del personaggio creato dalla Christie da parte di Branagh, che se in Assassinio sul Nilo, oltre a fare una origin story dei suoi leggendari baffi, aveva aperto crepe sentimentali nella sua imperturbabile corazza, qui gli fa fare i conti con qualcosa di ancora più metafisico. E con qualcosa che solitamente Poirot non incontra sul suo cammino: il dubbio. Gli strani fenomeni che paiono verificarsi in una grande e maledetta dimora veneziana (tutta ricostruita negli studi di Londra, compresa una cantina…), e che Poirot stesso sembra non sapersi spiegare, sono reali o no?
Distratto dalla voglia di giocare coi meccanismi più diffusi di un certo modo di fare horror, e quindi con la banalità dello jumpscare, in un film che fin dalle prime scene pare voler esplicitare la sua passione per la natura meccanica e artificiosa del cinema e del pre-cinema, Branagh si preoccupa ancor meno del solito dello whodunit, lasciando in bella vista indizi che sono sufficienti anche ai meno attenti per capire perlomeno alcune dinamiche dell’intrigo. E forse anche di spingere i suoi attori a far qualcosa di più di un minimo sindacale, riducendoli - anche loro - a figurine un po’ automatiche.
Da attore e da regista, concentra il suo divertimento su di sé, e sul suo personaggio, capace di trovare logica nell’illogico anche quando - in tutta evidenza, complice una lunga inattività, una brutta botta in testa e altro ancora - non è al massimo della forma.
Ancora di più, si concentra sul dubbio, lasciando intravedere anche nel finale una nuova, ben accetta crepa nell’armatura del belga. Che non è fragilità ma apertura mentale. Non avrà spalancato le porte della percezione, Poirot, ma ha permesso a sé stesso di mettere il naso in uno spiraglio. Nel segno del rinascimento psichedelico o della voglia di essere meno rigido e più possibilista sulle cose della vita e del mondo.



Cinema Verdi San Vincenzo

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